Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 9/4/2021, si è pronunciato sulla legittimità di una segnalazione a “sofferenza” effettuata da un Istituto bancario nei confronti di una società cliente presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia a seguito del recesso della banca per inadempimento della correntista.
La vicenda in commento trae origine da una domanda cautelare ex art. 700 c.p.c. proposta da una società correntista il cui nominativo era stato oggetto di segnalazione a “sofferenza” da parte di una banca. Nello specifico, la società ricorrente chiedeva al Tribunale di ordinare alla banca di cancellare la segnalazione pregiudizievole in quanto illegittima.
Secondo la prospettazione della ricorrente, la banca segnalante non avrebbe svolto la dovuta istruttoria per l’accertamento dello stato di insolvenza della propria cliente. E non avrebbe quindi inviato alla società stessa un congruo preavviso prima di procedere alla segnalazione in Centrale Rischi.
Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza in commento, ha ritenuto legittima la segnalazione. Questo in quanto la banca resistente avrebbe dimostrato che il rapporto di conto corrente intestato alla ricorrente aveva registrato negli anni un andamento irregolare ed anomalo fino a maturare uno “scoperto” di conto corrente per importi notevolmente superiori agli affidamenti concessi dall’Istituto.
Tenuto conto dell’evoluzione del rapporto e del suo andamento “in negativo”, la banca aveva l’obbligo di effettuare la segnalazione a “sofferenza” della società correntista, essendo la segnalazione un atto dovuto ai sensi dell’art. 51 T.U.B. e della Circolare della Banca d’Italia n. 139/1991.
Il Tribunale ha, inoltre, statuito che la segnalazione in contestazione era stata preceduta da un congruo preavviso e da una attenta valutazione della situazione finanziaria della società correntista. Tale società risultava essere finanziariamente esposta per importi elevati nei confronti del ceto creditorio, circostanza che rendeva non solo dovuta, ma inevitabile la segnalazione a “sofferenza”.
La domanda cautelare avversaria è stata, quindi, rigettata, dovendo escludersi il “fumus boni iuris”.