LA MASSIMA.
In assenza di prova idonea in termini di liquidazione dell’utilità marginale dei propri investimenti, il maggior danno di cui all’art. 1224 comma 1 c.c. consiste nella differenza tra il tasso di rendimento annuo dei Titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali per ogni anno ai sensi dell’art. 1284 c. 1 c.c.
IL CASO.
La richiesta di risarcimento del maggior danno in termini di utilità marginale per il pagamento degli importi pagati in eccesso viene accolta dal Tribunale di Roma senza che la richiedente avesse fornito dimostrazione del presumibile impiego, cui sarebbe conseguito un risultato utile di misura pari a quello in precedenza ottenuto con l’investimento produttivo delle medesime somme. Quindi, il nostro studio impugna la sentenza de quo, per non essersi attenuta ai principi di diritto nella determinazione del maggior danno dovuto ai sensi dell’art. 1224 comma 1 c.c..
LA SENTENZA N. 7042/2022 CORTE APPELLO ROMA.
La Corte di appello accoglie il motivo di appello, limitando il maggior danno, per il periodo della mancanza di disponibilità della somma, alla differenza tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei Titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi ed il saggio di interesse legale determinato ogni anno ex art. 1284 c.c. Pertanto il principio dalla Corte è il seguente: il creditore che domandi a titolo di maggior danno una somma superiore a quella differenza deve offrire la prova del danno effettivamente subito, mediante la produzione di idonea documentazione e ciò sia che faccia riferimento al tasso dell’interesse corrisposto per il ricorso al credito bancario, sia che invochi come parametro l’utilità marginale netta dei propri investimenti (cfr. Cass. SS.UU. n. 19499/2008 e, in senso conforme, Cass. n. 3042/2009, Cass. n. 3945/2015).